Il comparto delle Risorse Umane non è stato escluso da profondi cambiamenti in questo periodo di turbolenza. In riferimento ai processi di selezione dei candidati da inserire in azienda, guardando alle esperienze vissute negli ultimi anni, possiamo individuare fondamentalmente quattro fasi che illustreremo. In queste fasi si vede come le metodologie adottate cambino negli anni, alcune volte integrandosi tra di loro. L’ultima fase va a sondare la situazione attuale e ci aiuta a capire dove concentrare la nostra attenzione per individuare le risorse che, meglio di altre, possono aiutare la nostra azienda ad affrontare questo periodo di turbolenza.

Nella prima fase la selezione si basava esclusivamente sulle caratteristiche fisiche. Si cercavano persone sane, robuste e forti.

Nella seconda fase la caratteristica primaria da sondare era l’intelligenza detta anche Q.I., e precisamente: G – l’intelligenza generale, V – l’abilità verbale, N – abilità numerica, S – abilità spaziale, P – abilità percettiva. Per la misurazione di questi fattori ci si affidava essenzialmente ai test  psicoattitudinali. Con il colloquio individuale si andava a sondare invece l’area della stenía (vigore fisico e psichico), area conativa (intraprendenza, impegno, continuità e ambizione), area sociale (capacità di coinvolgimento, integrabilità ed estroversione), area esterna (modo di presentarsi e di esprimersi, area affettiva (capacità di controllo, resistenza alle frustrazioni, equilibrio psichico).

Nella terza fase la parte riguardante il Q.I. passa in secondo piano e viene presa in considerazione come priorità l’intelligenza emotiva che Daniel Goleman ha spiegato molto bene nel libro “L’intelligenza emotiva”. In questo contesto si prendono in considerazione le emozioni. Possiamo dire che una persona con una buona intelligenza emotiva ha conoscenza delle proprie emozioni e il controllo di queste; sa motivarsi, sa riconoscere le emozioni altrui e inoltre sa gestire efficacemente le relazioni interpersonali. Richard Davidson nel suo libro “La vita emotiva del cervello” parla di resilienza, altro aspetto importante dell’intelligenza emotiva, che va a misurare la lentezza o rapidità con cui ci riprendiamo dalle avversità.

Nella quarta fase, che indicativamente si può far partire dal 2008/2009, e precisamente dal momento in cui è iniziato il cambiamento, l’attenzione si  è spostata sul “potenziale”. In un ambiente instabile, incerto, complesso e ambiguo la selezione del personale che di solito si basava sulle competenze del candidato, oggi si deve spostare sul potenziale della persona. Ciò che oggi assicura il successo di un candidato in un determinato ruolo potrebbe non assicurarlo più domani se la strategia aziendale cambia.

La domanda da porsi non è se i dipendenti ed i manager della Vostra azienda hanno le giuste competenze, ma se hanno il potenziale per apprenderne di nuove. Da alcune recenti ricerche fatte su aziende di grosse dimensioni che operano a livello internazionale, si è  verificato che, puntando su candidati con  attitudine al cambiamento, capacità di intercettarlo e di trovare le soluzioni più adeguate al momento, hanno avuto dei risultati superiori rispetto a precedenti esperienze, nelle quali la scelta era caduta su manager con solamente alte competenze specifiche di settore.

Che cosa va a sondare il potenziale?

In primo luogo la motivazione e cioè la volontà di eccellere nel perseguimento di obiettivi.

La curiosità e cioè l’inclinazione a ricercare nuove esperienze, nuove conoscenze e la disponibilità all’apprendimento e al cambiamento.

L’ intuito, quindi  la capacità di raccogliere e interpretare informazioni che fanno intravedere nuove possibilità.

L’impegno inteso come l’orientamento innato a usare l’emotività e la logica per comunicare una visione stimolante e ad entrare in sintonia con le persone.

La determinazione, cioè le risorse psicologiche che occorrono per perseguire un obiettivo ambizioso nonostante le difficoltà e per superare le avversità.